Tassa 500 milioni, Tar Lazio: "La tassa doveva essre ripartita sulla base dei volumi di raccolta e non sul numero di macchine"
Si tratta della contrversa norma che ha addossato allle concessionarie delle slot – sulla base del numero di macchine controllate - un prelievo da 500 milioni di euro l'annop. Le compagnie avrebbero dovuito ripartire il peso della tassa con gli altri soggetti della filiera rinegoziando gli accordi contrattuali. Non tutti i partner commerciali tuttavia hanno accettato di buon grado la decurtazione dei ricavi, e di conseguenza le concessionarie non sono riuscite a versare per intero la seconda rata della tassa: a fronte dei 300 milioni che avrebbero dovuto poagare il 31 ottobre, ne hanno corrisposti appena un centinaio. Nei ricorsi le concessionarie hanno infatti sempre spiegato di non controllare i flussi di cassa: in pratica sono i terzi incaricati della raccolta - i cosiddetti gestori - a istallare le macchine nei bar e nelle sale giochi: sono pertanto loro a prelevare gli incassi dalle slot, e a ripartirli con concessionari e esercenti. Anche i tentativi di imporre con delle cause giudiziarie la rinegoziazione si sono rivelato infruttuosi.
Nell'ordinanza appena pubblicata, il Tar censura la scelta di ripartire la tassa sulla base del numero di apparecchi controllati, e non sul volume effettivo dei ricavi. La tassa “pur costituendo un significativo “taglio” alla sua capacità di reddito, non appare tale da violare il “principio di proporzionalità” in un’ottica di bilanciamento tra interessi costituzionalmente rilevanti”. Tuttavia, se “i volumi delle giocate raccolte dovessero drasticamente contrarsi, la determinazione del versamento in misura fissa e non variabile, come funzione del volume delle giocate, potrebbe determinare un reale stravolgimento delle condizioni economiche pattuite in convenzione con conseguente eccessiva gravosità degli obblighi imposti per i concessionari ed i relativi operatori di filiera”.
La tassa inoltre sembra violare anche la libertà di impresa: “l’obbligo per gli operatori di filiera di versare l’intero ammontare della raccolta del gioco ai concessionari incide autoritativamente sui rapporti negoziali di diritto privato intrattenuti tra i detti soggetti esponendo i concessionari al rischio, non prevedibile ab origine, del mancato adempimento dell’obbligo degli operatori di filiera”. Oltretutto – coem poi di fatto è avvenuto – il mancato adeguiamento da parte dei gestori “non farebbe comunque venire meno l’obbligo del concessionario di versare allo Stato, nei termini indicati, l’importo”. Lo stesso obbligo di rinegoziare i contratti “appare incompatibile con la incomprimibile autonomia delle parti di pervenire solo eventualmente ad un nuovo e diverso accordo negoziale”. Infatti, “è verosimile ritenere che per realizzare lo stesso obiettivo sarebbe stato sufficiente stabilire una riduzione “pro quota” ed “a cascata” dei compensi spettanti a tutti gli operatori di filiera senza imporre una rinegoziazione in via autoritativa”.
(Agimeg/rg)