Albo operatori, Tar Lazio cancella il mero rinvio a giudizio tra i requisiti che
"L'illogicità risiede appunto nel ricondurre a due presupposti così profondamente diversi, dei quali solo il secondo possiede il necessario grado di certezza in ordine all'acclaramento della commissione del reato, la stessa incisiva conseguenza sanzionatola". Il provvedimento di rinvio a giudizio, infatti, "non conduce necessariamente all'accertamento della condotta colpevole dell'imputato".
E' quanto afferma la Seconda Sezione del Tar Lazio in una sentenza in cui accoglie il ricorso del titolare di un bar di Nocera Inferiore che ha impugnato la cancellazione dall'albo disposta dai Monopoli. Alla base del provvedimento dell'Aams, un decreto di citazione a giudizio dello stesso ricorrente disposto dalla Procura
della Repubblica di Nocera Inferiore nel luglio 2012. Oltretutto, il giudice amministrativo sottolinea che la conferma si ha nello stesso caso in esame, dal momento che il ricorrente è stato "infine assolto dal Tribunale di Nocera Inferiore".
L'albo degli operatori venne effettivamente istituito con il decreto direttoriale 9 settembre 2011. L'art. 5 disponeva che "In aggiunta ai requisiti richiesti per l'iscrizione al suddetto elenco, di cui all'art. 4 del presente decreto, è altresì necessaria l'insussistenza negli ultimi cinque anni: a) di provvedimenti di rinvio a giudizio per: reati collegati ad attività di stampo mafioso; delitti contro la fede pubblica; delitti contro il patrimonio; reati di natura finanziaria o tributaria; reati riconducibili ad attività di gioco non lecito...".
Insomma, riassume il Tar Lazio, il requisito della mancanza di provvedimenti di rinvio a giudizio "è posto sullo stesso piano della mancanza (sempre negli ultimi cinque anni) di 'condanne con sentenza passata in giudicato od applicazioni della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale' per i medesimi reati ovvero ancora al pari 'di sentenze definitive di condanna emesse dal giudice tributario in materia di PREU'". E conclude: "Emerge con chiarezza la illegittimità della disposta parificazione, al rilevante ed incisivo fine della cancellazione dell'iscritto dall'elenco, del provvedimento di rinvio a giudizio con la sentenza di condanna passata in giudicato, uguali essendo i reati che vengono in considerazione".
(Agimeg/rg)