Perché dovrebbe essere più pericolosa la slot presente nel bar vicino alla scuola rispetto quella del bar sotto casa?
MAG è una società di consulenza direzionale che nasce nel 2004 dallo spin-off di una delle maggiori società di consulenza italiane ed è nota nel settore dei giochi pubblici per aver contribuito attivamente all’attuale sistema italiano del gioco pubblico in qualità di consulente per le istituzioni di riferimento del settore.
I media influenzano i giudizi dell’opinione pubblica e le attività dei politici. È così anche sul gioco?
Che i media influenzino l’opinione pubblica mi sembra assodato; però bisogna anche dire che i media tendono ad occuparsi di temi che interessino il pubblico e il gioco con vincite in denaro è entrato prepotentemente nelle attenzioni positive e negative di tantissime persone.
Ritiene che in Italia ci sia una corretta percezione dell’attuale situazione del gioco?
No, assolutamente no. Un ridotto gruppo di persone, alcune con evidenti interessi economici, ha iniziato circa tre anni fa a diffondere numeri incontrollati ed incontrollabili sui fenomeni e costi della ludopatia. Chiaramente è un tema di interesse per ogni giornalista e sono iniziate inchieste basate su dati errati e “stimati” che hanno generato ed alimentato un clima di paura attorno gli effetti del gioco. Così ora apro il giornale e leggo che ci sono quasi 2 milioni di ludopati in Italia, ovvero che il servizio sanitario ha costi per 1,8 miliardi di euro anno per spese connesse alla ludopatia. Poi questi dati vengono citati da qualche politico o alto burocrate o ministro e diventano dati “ufficiali”. Ma quali sono le fonti e quali sono le attendibili indagini che li hanno prodotti?
Le conseguenze di questa campagna di disinformazione…
Innegabilmente si è creato in un ampio, anche se minoritario, numero di persone la convinzione che il gioco faccia male in sé e non il consumo smodato di prodotti di gioco. Si tratta di persone che molto spesso ritengono doveroso agire per bloccare o limitare il consumo di prodotti di gioco. Spesso lo fanno con posizioni illiberali ed irrazionali, di cui la norma della legge Balduzzi, relativa al divieto di installazione di apparecchi da gioco ad una certa distanza da “luoghi sensibili”, è quella emblematica. Perché per un minore dovrebbe essere più pericolosa la slot presente nel bar vicino a scuola di quella del bar sotto casa? Nessuno è in grado di fornire una risposta a questa domanda, ma nessun giornalista che ha fatto inchieste sui danni del gioco l’ha mai posta all’estensore della norma.
Comunque, pretestuose o meno le argomentazioni sulla sua effettiva pericolosità, ormai si è creato un clima negativo sul gioco.
È innegabile. Forti gruppi di opinione spingono a limitare il consumo ed autonomie locali, comuni e regioni, hanno iniziato una attività normativa (confusa e contraddittoria generalmente) di restrizione delle attività di commercializzazione del gioco. Non capisco perché eguale fervore non sia applicato sul consumo di prodotti la cui nocività è acclarata da molti decenni con studi scientifici inoppugnabili.
Ma nessuno ha provato a ristabilire una visione più corretta degli effetti del gioco?
Ecco questo è un bel tema, un caso di studio di vero interesse. La logica avrebbe voluto che sia il Ministero dell’Economia, che ancora un anno fa incassava circa 9 miliardi di euro per anno dalle imposte sul gioco, che gli operatori economici del settore fin da subito replicassero con dati inoppugnabili ed argomenti a posizioni irrazionali e non documentate rappresentate da, al momento iniziale, gruppi di pressione sostanzialmente ininfluenti. Invece niente. Occupati da altre vicende, ritenute prioritarie, hanno scelto la via del silenzio ed ora non mi sembra che siano in grado di ristabilire in tempi brevi una rappresentazione più equilibrata degli effetti del gioco sui giocatori.
E allora quale scenario prevede?
Una regolamentazione del gioco congiunta tra Stato centrale ed autonomie locali mi sembra ormai nei fatti ed anche logica. Ma non può essere confusa e contraddittoria come si sta manifestando ora. Una compartecipazione delle autonomie locali alle entrate erariali da gioco attualmente non esiste ma la ritengo, per il medio termine, tanto probabile quanto logicamente corretta e, quindi, auspicabile; non penso ad entrate marginali ma misurabile in miliardi di euro per anno. L’attuale allarmismo sociale sulla pericolosità del gioco tornerà a dimensioni ragionevoli man mano che si produrranno serie e condivise analisi cliniche e statistiche. Parallelamente dovrà affermarsi negli operatori di gioco una nuova sensibilità verso i clienti: estrema rigorosità sul divieto ai minori, massima chiarezza sui contenuti economici del gioco (percentuali di vincita reali, spiegazione sui cicli di gioco ecc), regolamentazione rigorosa della pubblicità e così via. Insomma relazioni di mercato allineate allo stato di maturità raggiunto dal comparto.
(Agimeg)