Settore del gioco: in 10 anni 91 miliardi di euro versati all’Erario. Chiusura attività costerà subito 3 miliardi di euro di mancate entrate. Finanziaria “rovesciata”, aiuti e non prelievi dai giochi
Secondo i dati dell’agenzia Agimeg, negli ultimi dieci anni l’erario ha beneficiato dai giochi di circa 91 miliardi di euro. Solamente lo scorso anno, le entrate erariali sono state pari a 10,6 miliardi (sopra quota 10 miliardi per il quarto anno consecutivo). Il settore dei giochi da sempre è stato considerato dai diversi Governi che si sono succeduti una gallina dalle uova d’oro da cui attingere per far quadrare i conti. Finanziaria dopo finanziaria, anno dopo anno, il settore si è trovato a reggere un prelievo erariale che ha costantemente abbattuto il margine degli operatori di gioco, con l’eccezione – va specificato per completezza di informazione – della Legge di Stabilità 2016 (n. 208/2015) che ha introdotto la tassazione sul margine, e non più sulla raccolta, per le scommesse, andando incontro alle richieste degli operatori.
In particolare, il settore più vessato negli ultimi anni è stato quello degli apparecchi da intrattenimento: basti pensare che negli ultimi 15 anni il Preu – ovvero il Prelievo unico erariale sulle slot – è stato innalzato del +76,7%, passando dal 13,5% del 2004 all’attuale 23,85%. Ancor più pesante l’aumento subìto dalle Videolotteries: introdotte sul mercato nel 2009 con una tassazione del 2%, negli anni il Preu sulle Vlt è salito all’8,5% attuale, con un incremento pari al +325%.
Del resto Slot e Vlt rappresentano ogni anno più della metà della raccolta del comparto giochi e dunque l’aumento di tassazione sugli apparecchi produce immediatamente corpose entrate erariali: nelle previsioni del Mef – nella Nota di Variazioni alla Legge di Bilancio di fine 2019, che non poteva tuttavia prevedere l’emergenza coronavirus e il conseguente stop alle attività di gioco a partire dal mese di marzo 2020 – con l’inasprimento della tassazione sui soli apparecchi il gettito per lo Stato nel 2020 sarebbe stato pari a 7,8 miliardi (il +20% rispetto al 2018, quando le entrate da Slot e Vlt furono pari a 6,5 miliardi di euro), cifra che avrebbe sfiorato gli 8 miliardi nel 2021 in considerazione del previsto ulteriore innalzamento del Preu a partire dal gennaio 2021, che porterà la tassazione delle Slot al 24% e quella delle Vlt all’8,6%. S
empre secondo il Mef, il Lotto avrebbe inoltre garantito proventi per 2,5 miliardi nel 2020 e 2021, mentre altri 600 milioni sarebbero arrivati dalla ‘tassa sulla fortuna’. L’ultima Manovra è stata infatti finanziata in gran parte dalla stangata sui giochi: oltre all’aumento del Preu, dal 1° marzo 2020 è salito al 20% il prelievo sulle vincite oltre i 500 euro – l’aliquota originariamente era del 6%, poi con la Manovrina 2017 era raddoppiata al 12% – comprese le vincite ottenute con le lotterie istantanee (Gratta e Vinci) e con il Win for life, Win for life Gold e SiVinceTutto; colpite anche le vincite sopra i 200 euro per le Vlt (dal 15 gennaio 2020), con il payout, la parte destinata alle vincite dei giocatori, che scende al 65% per le Slot e all’83% per le Videolotteries.
Non solo. Nel DL Cura Italia è prevista inoltre la proroga di 6 mesi per le gare di concessioni di slot e vlt, delle scommesse e del bingo, che avrebbero dovuto essere indette entro il 31 dicembre 2020. Per lo Stato dunque un’altra fonte di entrate – circa 100 milioni di euro – che probabilmente andrà in fumo: dalla gara scommesse l’erario puntava infatti ad incassare oltre 52 milioni di euro, da quella del bingo 17 milioni e circa 30 milioni di euro dall’introduzione del Registro Unico degli Operatori di Gioco, mentre alla proroga sull’entrata in vigore degli apparecchi che consentono il gioco da remoto, secondo la Ragioneria generale dello Stato, “non si ascrivono effetti finanziari”.
Di fatto, quindi, l’epidemia Covid-19 ha rimescolato completamente le carte e nella prossima Manovra autunnale il Governo si troverà di fronte a un cortocircuito: da una parte dovrà trovare risorse per coprire le ingenti spese non preventivate causate dall’emergenza coronavirus, dall’altra qualora dovesse – come sempre fatto in questi anni – andare a reperire denaro dal settore dei giochi, troverebbe un comparto stremato che, proprio per le rigide misure di contenimento adottate in questi mesi, non solo non potrà garantire risorse extra, ma difficilmente potrà anche solo garantire quelle entrate erariali – sopra i 10 miliardi di euro – costantemente assicurate negli ultimi anni.
Ipotizzando un ritorno alla ‘normalità’ dal mese di giugno – ancora tutto da verificare – la chiusura del settore del gioco nei soli mesi di marzo, aprile ed in parte maggio rischia di pesare per 3 miliardi di euro di minori entrate nel bilancio dello Stato a fine anno. Valore che potrebbe essere sottostimato, visto che le aziende, quelle che riusciranno ad aprire, ci metteranno del tempo prima di tornare (forse) a regime. Per la prima volta nella storia del gaming italiano quest’anno, a causa dell’emergenza coronavirus, saranno le aziende di gioco a dover chiedere sostegno e denaro allo Stato, e non viceversa così come è sempre accaduto.
cr/AGIMEG