Orari delle sale slot: così l'ordinanza agevola gli abusivi.

Che la via per l'inferno sia lastricata di buone intenzioni lo dimostrano anche gli effetti di una disposizione firmata dal Campidoglio a giugno.

Si prefigge l'obiettivo di contrastare l'abuso di gioco con il quale lo Stato introita risorse e finanzia i servizi, pagandoci pure, peraltro, i costi sociali delle cosiddette ludopatie. Decisi a mettere un freno, i grillini di governo hanno corretto il massimalismo dei programmi e più che abolire sale slot e concessioni hanno lasciato che in ordine sparso i Comuni provassero a regolamentare la materia.

Obiettivo velleitario, in attesa di univoche disposizioni nazionali, che ha prodotto alcune ordinanze con divieti e perimetrazioni per i locali che esercitano il gioco legale. A Roma, l'ordinanza è entrata in vigore a ridosso dell'estate e prevede che i gestori delle sale spengano le macchinette da mezzogiorno alle 18 e poi dalle 23 all'indomani alle 9. Lo scopo è quello di calmierare l'afflusso di giocatori e ridurre così i guasti che l'abuso di puntate produce. Ma c'è un ma: l'ordinanza fissa sì una prima sanzione per i trasgressori compresa tra 150 e 450 euro. E, in caso di recidiva anche la sospensione della licenza. Tuttavia i controlli languono e non risultano casi eclatanti di sanzioni. Tanto più che l'ordinanza piove dall'alto su un mercato che andrebbe conosciuto con maggiore precisione. Nella capitale, ad esempio, una buona concentrazione di sale, stimata nell'ordine del 20% del mercato globale, non è amministrata da privati, ma è in mano ai giudici della sezione misure di prevenzione del tribunale. Le sale sono infatti sequestrate e guidate da amministratori giudiziari che provano a farle stare sul mercato seguendo scrupolosamente le regole, chiusure comprese agli orari stabiliti. Manager di fiducia tengono la contabilità, assicurano gli stipendi e dopo un scrematura del personale più compromesso con la gestione sotto indagine, assicurano anche il mantenimento dei livelli occupazionali. Tra queste sale ci sono quelle del gruppo Babylon, ovvero l'impero riconducibile a tre imprenditori, uno dei quali nel frattempo scomparso, considerati emissari di camorra e `ndrangheta. Le sale giochi rappresentano una parte cospicua del maxisequestro da 280 milioni di euro scattato a giugno 2017 e che ricomprende 46 tra bar e pizzerie a Roma e nell'hinterland.

Conti alla mano, sono i dipendenti delle sale giochi ex Babylon a quantificare gli effetti della chiusura imposta dai manager in ossequio all'ordinanza Raggi: «Registriamo un calo fino al 40 per cento dei clienti-giocatori. Escono dalle nostre sale e vanno a pochi metri dove impunemente i gestori lasciano accese le macchinette e consentono il gioco a tutte le ore, in barba all'ordinanza e fidando sui controlli al minimo o inesistenti». Così, paradossalmente, lo Stato perde due volte: con il mancato introito e con l'effetto di ingrassare il mercato illegale che si vorrebbe contrastare. In termini pratici l'ordinanza senza un vero controllo capillare che blocchi gli abusi anziché mettere ordine nel settore penalizza solo chi deve stare in regola. A ballare sono adesso un centinaio di posti di lavoro sui 600 del gruppo. I manager hanno già comunicato ai lavoratori che l'andamento degli incassi costringe a rivedere gli organici per mantenere i conti in equilibri e la contrazione degli orari di attività rende già superfluo un po' di personale. "I giocatori escono dai nostri locali e vanno in quelli vicini che dei divieti e dei controlli se ne infischiano".

 

(Enrico Bellavia - La Repubblica)

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