No agli slogan, sì al buon senso
I giudici hanno accolto le doglianze della ricorrente riconoscendo che “non è consentito di pervenire in via regolamentare a un sostanziale divieto di svolgere in tutto il territorio comunale un’attività che è pur sempre considerata lecita dall’ordinamento”. E ancora, dicono i giudici, “le pur lodevoli intenzioni di contrastare il gioco compulsivo (…) non possono esprimersi in atti che finiscono con lo svuotare completamente l’esercizio della libertà di iniziativa economica”.
Parole inequivocabili, basate su principi di diritto consacrati nel nostro ordinamento ma anche pervase di sano buon senso. Un buon senso che, se adottato da tutti, eviterebbe il propagarsi del caos normativo cui assistiamo da anni e l’altalenante indirizzo della giurisprudenza.
E invece, ogni giorno esce un’ordinanza o un regolamento nuovo sulla cui legittimità verrà chiamato a decidere un nuovo giudice.
Non si può certo continuare così. Lo pensa anche il Sottosegretario Baretta che, proprio a commento della sentenza sul Regolamento di Livorno, ha osservato che “tra le diverse normative comunali e regionali e le sentenze contraddittorie, si rischia di non risolvere il problema”. Ecco perché “è necessario definire una regola nazionale che diventi legge”.
Una regola, aggiungiamo noi, che venga incontro alle esigenze di tutela della salute senza necessariamente mortificare l’attività di offerta del gioco. Sul punto, Il nostro Sindacato ha presentato al Governo un’ipotesi di limitazione che potrebbe soddisfare la legittima domanda da parte dei consumatori, garantendoli nel contempo dal rischio di cadere nella spirale ludopatica attraverso la qualificazione professionale dei punti vendita. Può sembrare un miraggio eppure, al contrario, è un obiettivo concretamente raggiungibile. Basta che gli amministratori locali abbandonino gli slogan di facile presa e ritrovino un po’ di buon senso.
A partire dalla Conferenza Unificata.