La ludopatia: una malattia tutta italiana?
Ancora, mentre il Ministero dell’Economia e delle Finanze firma l’atto di nascita dell’Osservatorio sul gioco d’azzardo patologico da istituirsi presso il Ministero della Salute, nel suo piccolo la Provincia di Bolzano, stanzia fondi per 300.000 euro da destinare ai programmi di prevenzione e riabilitazione dalle ludopatie.
Potremmo continuare nell’elencazione delle iniziative di contrasto al fenomeno ma ci fermiamo qui.
Bastano e avanzano gli esempi riportati - tratti dalla cronaca più recente - per giungere a una conclusione molto semplice e cioè che, in Italia, la ludopatia sembra essere una priorità tra le più preoccupanti che necessita pertanto di interventi quanto mai rapidi.
Dando però uno sguardo a quanto accade subito al di fuori dei nostri confini, sembrerebbe che la malattia da gioco sia tutta italiana.
Da una relazione recentemente pubblicata in Spagna, emergerebbe che il problema, riguardando soltanto lo 0,3% della popolazione adulta, non sia rilevante. In Inghilterra, paese storicamente legato al gioco, il disegno di legge contro le FOBT (le VLT inglesi) ha trovato una barriera nel Parlamento che non avrebbe tempo da dedicare a questo tema, evidentemente non particolarmente urgente.
Insomma, mentre in Italia non passa giorno senza che si gridi alla catastrofe, altrove i rischi per la salute connessi al gioco, sebbene non sottovalutati, sono trattati in un’ottica tutt’altro che emergenziale.
Dal nostro punto di vista privilegiato – noi i giocatori li guardiamo in faccia tutti i giorni – possiamo dire che l’emergenza, nella misura in cui è raffigurata dai politici e dagli amministratori locali, non c’è.
Piuttosto che sulle AWP, bisogna agire sul gioco on line e sulle sale VLT oltre che, naturalmente, alzare ancora di più il livello di guardia nei confronti del gioco illegale, costantemente presente in tutto il territorio come ha dimostrato la recente operazione “Gambling”.