Chi discrimina chi?


Dopo la britannica Stanley, anche l’austriaca GoldBet sembra avviata a una fulgida carriera in Italia, con punti vendita di scommesse telematiche sparsi in ogni dove, grazie all’interpretazione che la Corte di Cassazione ha fatto della sentenza Costa – Cifone.


Pronunciandosi su un ricorso avanzato dalla Procura di Trani, i giudici hanno affermato, in buona sostanza, che l’esclusione di un operatore da una gara per il rilascio delle concessioni non può essere sanata da una successiva selezione pubblica che garantisca le posizioni commerciali già acquisite.


Insomma, va bene il monopolio statale ma a patto che non discrimini chi di quel monopolio non rispetta le regole.

È questa, di fatto, la conclusione paradossale cui si giunge seguendo il ragionamento dei giudici che, fino a oggi, si sono espressi in ordine ai casi di CTD affiliati a bookmaker privi di concessione.


Ormai, dall’affermare che qualsiasi operatore di scommesse stabilito nel territorio dell’Unione possa svolgere liberamente la sua attività in Italia il passo è breve.

Basta invocare il diritto comunitario ponendolo di fronte alle limitazioni imposte dal nostro sistema concessorio per ottenere una pronuncia a proprio favore.


Ma così non va bene perché ci sono degli operatori che, per lavorare legittimamente, hanno partecipato a una gara pubblica, hanno ottenuto una concessione e saldano regolarmente i loro conti con il fisco.

 

Non va bene perché ci sono dei ricevitori, autorizzati dai suddetti concessionari, che a loro volta raccolgono le scommesse nel pieno della legalità e pagano le tasse sui relativi redditi.

 

Non va bene, insomma, perché si mettono sullo stesso piano, senza distinzioni, operatori e ricevitori autorizzati e non.

 

E allora, chi discrimina chi?

indietro